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L’identificazione del timing migliore nel trattamento dei pazienti con insufficienza valvolare è oggetto di intenso dibattito. La valutazione della presenza ed estensione della fibrosi miocardica nei pazienti asintomatici con valvulopatia (VHD) e dimensioni/funzione ventricolare sinistra (LV) conservate, può rappresentare un utile criterio di scelta. Nel presente studio sono stati inclusi 39 pazienti, di cui 16 con insufficienza aortica o mitralica, asintomatici e sottoposti a chirurgia valvolare e 23 pazienti con cardiomiopatia dilatativa non ischemica (DCM) in fase terminale come gruppo di controllo. Durante l’intervento, i pazienti con VHD sono stati sottoposti a tre biopsie miocardiche a livello del setto, della parete laterale e dell’apice del LV. La quantità di fibrosi miocardica è risultata del 10 ± 6% nei pazienti con VHD, mentre nei pazienti con DCM il tasso medio di fibrosi miocardica apicale era del 38 ± 9%. Nei pazienti con VHD, la fibrosi era presente anche nella parete laterale (9 ± 4%) e nel setto (9 ± 6%). In conclusione, la fibrosi miocardica è presente in una fase precoce della VHD, ben prima dello sviluppo di una disfunzione LV clinicamente rilevante.
Aims: Aortic stenosis (AS) and cardiac amyloidosis (CA) are typical diseases of the elderly. Up to 16% of older adults with severe AS referred to transcatheter aortic valve replacement (TAVR), have a concomitant diagnosis of CA. CA-AS population suffers from reduced functional capacity and worse prognosis than AS patients. As the prognostic impact of TAVR in patients with CA-AS has been historically questioned and in light of recently published evidence, we aim to provide a comprehensive synthesis of the efficacy and safety of TAVR in CA-AS patients.
Un alto consumo di sodio, causa maggiore di ipertensione, è considerato un fattore alimentare associato ad elevato rischio cardiovascolare. Tuttavia, gli studi in proposito sono stati spesso contrastanti, per errori metodologici quali il dosaggio della sodiuria in un singolo prelievo di urina delle 24 ore o in assenza di concomitante determinazione della kaliuria. Inoltre, molti pazienti fragili o con co-patologie riducono il consumo di sodio prima che si verifichi un evento cardiovascolare, generando l’idea che anche un basso consumo di sodio sia da considerare un fattore di rischio cardiovascolare (“reverse causation bias”).
La sopravvivenza dei pazienti con arresto cardiaco extraospedaliero (OHCA) è piuttosto modesta e solo circa la metà riesce a superare la fase ospedaliera ed essere dimessa in vita. Tra i fattori che determinano un buon esito, importanti sono la prontezza delle manovre di rianimazione, l’età del paziente, il tipo di ritmo che ha scatenato l’arresto e la cura ospedaliera ricevuta. Mancano informazioni, tuttavia, sia sull’outcome che sui fattori prognostici a lungo termine, in particolare oltre il primo anno di follow-up, nei pazienti che riescono a sopravvivere alla fase acuta.
I pazienti con stenosi del tronco comune della coronaria sinistra rappresentano un gruppo ad alto rischio di eventi se non adeguatamente rivascolarizzati. Benchè questa condizione anatomica sia stata considerata a lungo di pertinenza chirurgica, un numero consistente di pazienti con comorbilità o anatomia favorevole sono sottoposti a rivascolarizzazione percutanea con PCI. Questi erano più anziani (età media 75.5 versus 64 anni), con più comorbilità (diabete, arteriopatia periferica, nefropatia, scompenso cardiaco, presentazione con NSTEMI) Syntax score più elevato, più lesioni calcifiche e necessità di supporto circolatorio meccanico, rispetto ai pazienti non-HBR. Inoltre, i pazienti HBR venivano dimessi con inibitori del recettore P2Y12 meno potenti (25.1 vs 49.1%). A 1 anno di follow-up l’endpoint primario (morte per ogni causa, infarto miocardico, ictus), è stato osservato nel 20.5% dei pazienti HBR e nel 4.9% dei pazienti non-HBR (unadjusted hazard ratio 4.43, 95% confidence intervals 2.31 – 8.48) trascinato da un rischio più elevato di mortalità e nuovo infarto miocardico. I dati relativi agli eventi che compongono l’endpoint sono espressi nella Tabella. Anche il bleeding (valutato con la scala National Cardiovascular Data CathPCI Registry: bleeding ospedaliero associato ad una perdita di 3g di emoglobina, con necessità di trasfusione o intervento; bleeding post-dimissione che ha necessitato di ricovero o trasfusione) è risultato più elevato nei pazienti HBR con ampia differenza soprattutto nel bleeding ospedaliero (10.2% vs 2.5%). Nessuna differenza, invece, è stata osservata per necessità di nuove rivascolarizzazioni o per trombosi di stent.
Paziente sulla settantina senza storia di cardiopatia giunge al Pronto Soccorso per angor, l’ECG all’ingresso è riportato nella Figura. Tra gli esami di laboratorio si segnala troponina elevata. Alla coronarografia, occlusione della discendente anteriore trattata con PCI primaria. Quali sono i criteri in base ai quali può essere sospettato un infarto STEMI a sede anteriore in presenza di un blocco di branca sinistra?
1. Score di Sgarbossa (1996):
sopraslivellamento di ST almeno 1mm concordante con polarità QRS in almeno 1 derivazione (5 PUNTI);
sottoslivellamento ST di almeno 1mm in V1, V2 o V3 (3 PUNTI);
sopraslivellamento di ST di almeno 5mm quando il QRS è negativo (2 PUNTI);
diagnosi di infarto [specificità 98%, sensibilità 20%] (3 PUNTI).
2. Criteri di Smith (2012):
rivisto il terzo criterio di Sgarbossa: nella derivazione con S più profonda rapporto sopraslivellamento di ST/onda S=>25% (sensibilità 90%; specificità 67%).
3. Barcelona algorithm (2020):
deviazione di ST di almeno 1mm concordante con polarità di QRS in qualunque derivazione ECG;
deviazione di ST di almeno 1mm discordante con polarità di QRS in qualunque derivazione in cui il voltaggio di QRS non sia superiore a 6 mm.
Nei pazienti con trombosi ventricolare sinistra (LVT), il trattamento farmacologico ottimale, tra gli antagonisti della vitamina K (VKA) e i nuovi anticoagulanti orali diretti (DOAC), è oggetto di intenso dibattito nella comunità scientifica. Nel presente studio gli autori hanno eseguito una meta-analisi includendo 14 studi di confronto tra DOAC e VKA con i seguenti endpoint: risoluzione della LVT (endpoint primario), incidenza di ictus e sanguinamento (endpoint secondari). Nello studio sono stati inclusi 1.332 pazienti, di cui 424 trattati con DOAC e 908 con VKA. Per quanto riguarda l’endpoint primario dello studio non si è osservata nessuna differenza tra DOAC e VKA (odds ratio [OR] 1.00; intervallo di confidenza 95% [95% CI]) 0.77-1.31, I2 0%]. Il rischio di ictus è risultato ridotto con DOAC (OR 0.58; 95% CI 0.36-0.93; I2 0%) così come l’insorgenza di sanguinamenti (OR 0.64; 95% CI 0.44-0.94; I2 0%). In conclusione, i DOAC hanno un’efficacia simile a VKA nella risoluzione della LVT, mostrando, inoltre, un beneficio consistente nella riduzione di ictus e sanguinamenti.
Background: Male sex in takotsubo syndrome (TTS) has a low incidence and it is still not well characterized.
Objectives: The aim of the present study is to describe TTS sex differences.
Methods: TTS patients enrolled in the international multicenter GEIST (GErman Italian Spanish Takotsubo) registry were analyzed. Comparisons between sexes were performed within the overall cohort and using an adjusted analysis with 1:1 propensity score matching for age, comorbidities, and kind of trigger.
Results: In total, 286 (11%) of 2,492 TTS patients were men. Male patients were younger (age 69 ± 13 years vs 71 ± 11 years; p= 0.005), with higher prevalence of comorbid conditions (diabetes mellitus 25% vs 19%; p= 0.01; pulmonary diseases 21% vs 15%; p= 0.006; malignancies 25% vs 13%; p< 0.001) and physical trigger (55 vs 32% p< 0.01). Propensity-score matching yielded 207 patients from each group. After 1:1 propensity matching, male patients had higher rates of cardiogenic shock and in-hospital mortality (16% vs 6% and 8% vs 3%, respectively; both p< 0.05). Long-term mortality rate was 4.3% per patient-year (men 10%, women 3.8%). Survival analysis showed higher mortality rate in men during the acute phase in both cohorts (overall: p< 0.001; matched: p= 0.001); mortality rate after 60 days was higher in men in the overall (p= 0.002) but not in the matched cohort (p= 0.541). Within the overall population, male sex remained independently associated with both in-hospital (OR: 2.26; 95% CI: 1.16-4.40) and long-term mortality (HR: 1.83; 95% CI: 1.32-2.52). Conclusions: Male TTS is featured by a distinct high-risk phenotype requiring close in-hospital monitoring and long-term follow-up.
FAI (Fat Attenuation Index) è un “imaging biomarker” derivato dall’analisi della TC coronarica che si correla con l’infiammazione delle pareti vascolari a livello di placche “vulnerabili”.
L’infiammazione, infatti, altera il fenotipo del grasso perivascolare riducendo la differenziazione dei pre-adipociti in adipociti maturi. Si ha così uno “shift” da tessuto adiposo ad acquoso, che si traduce in una modificazione del grado di attenuazione (riduzione dei valori densitometrici) del grasso perivascolare. Questo presenta valori meno negativi di unità Hounsfield [HU] (più vicini a –30 HU) tipici del tessuto acquoso rispetto a quello lipidico caratterizzato da valori HU più negativi (vicini a -190 HU). Non ci sono molti dati tuttavia di correlazione tra l’indice FAI e la morfologia delle placche coronariche in pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopra-slivellamento persistente del tratto ST (NSTEACS).
Dalla letteratura internazionale, Editoriale
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